Alla fine della prima decade degli anni Duemila, il concetto di “Città Intelligente” o “Smart City” ha preso forma attraverso la progettazione di programmi e iniziative pilota alla cui realizzazione e promozione partecipavano soggetti pubblici e privati. Le amministrazioni locali, generalmente in concerto con player di dimensione globale – spesso system integrator – hanno dato vita a progetti sperimentali di grande interesse per lo sviluppo di servizi e infrastrutture ad alto tasso tecnologico, in cui connettività diffusa e digitale erano le principali protagoniste.
Una modalità di procedere – top down – che pur avendo prodotto interessanti risultati non è riuscita a innescare un processo continuativo e profondo di “smartizzazione” delle realtà urbane coinvolte.
Conclusa forse quella stagione di progetti Smart City (diciamo state-driven), se n’è aperta un’altra, apparentemente meno ambiziosa perché non ha dietro di sé la pianificazione strategica dell’amministrazione pubblica, ma probabilmente più efficace per quanto riguarda il risultato finale perché vede coinvolti gli edifici e la loro trasformazione in “building intelligenti” o se si preferisce “4.0”.
L’edificio intelligente è portatore di concetti quali una sostenibilità ambientale ed economica, un’attenzione all’efficienza e al risparmio energetici, una propensione verso soluzioni capaci di migliorare la qualità della vita e aumentare il comfort di chi vi abita o lavora, la sensibilità verso una maggiore sicurezza e una gestione sempre più integrata delle tecnologie.
Inoltre, esso supera il modello Smart Home o Casa Domotica, che pur nel suo essere altamente tecnologico, trova la sua piena realizzazione solo all’interno di un building intelligente.
Ma quali tecnologie rendono un palazzo o un condominio “smart”? La trasformazione digitale si basa su almeno tre pilastri:
1. Home e building automation, per assicurare i massimi livelli di sicurezza e vivibilità degli ambienti con un forte focus sulla riduzione dei consumi energetici
2. Building IoT (Internet of Things), con l’interconnessione degli edifici in rete e dei dispositivi presenti
3. BIM (Building Information Modeling), percorso “digitale” che accompagna l’edificio in tutto il suo ciclo di vita: dalla progettazione alla realizzazione fino alla manutenzione/gestione.
Questi capisaldi trovano declinazione nei diversi servizi o facility di cui ognuno di noi può usufruire, ovviamente in chiave smart. Tra di essi vi sono:
• Aree smart parking
• Wi-fi
• Data Center
• Illuminazione intelligente
• Sensoristica
• Video sorveglianza
• Smart grid
• Building management
• Smart spaces
• Smart meter
Spesso quando si pensa agli “edifici intelligenti”, ci si immagina le costruzioni, futuribili e ardite, di luoghi nei quali l’assenza di un pregresso molto connotato lascia spazio a progetti urbanistici complessi (due esempi, Masdar City, la città sul Golfo Persico o Astana, la capitale del Kazakistan).
Tuttavia, Building 4.0 non è per forza sinonimo di nuovo. Anche un edificio già costruito può trasformarsi in uno smart building. Buona notizia per l’Italia che non solo ha un patrimonio edilizio vasto, ma anche piuttosto datato: basti pensare che, secondo dati CRESME, il 77% degli edifici italiani (circa 12 milioni) è stato costruito più di 38 anni fa e che solo 4 milioni di essi sono definibili in uno stato di conservazione “ottimale”.
In quest’ottica, il revamping di edifici non smart in smart diventa un importante strumento di valorizzazione, miglioramento e sviluppo, con ricadute economiche e sociali molto positive. Gli edifici divenuti 4.0 si tramutano in asset durevoli: acquistano valore sul mercato immobiliare, rendono migliore la qualità di vita e di lavoro di chi li occupa, generano sviluppo e business a tutto l’indotto legato al settore delle costruzioni, dell’IT, dei servizi.
Ma da dove partire per cominciare un processo di smartizzazione di un edificio?
La risposta deve tenere in considerazione le caratteristiche proprie del building in oggetto (un palazzo del Rinascimento avrà problematiche differenti da un centro direzionale costruito negli anni Novanta del secolo scorso). Tuttavia, wi-fi, smart lighting, security, colonnine per la ricarica di veicoli elettrici, sensoristica e soluzioni antisismiche sono validi punti di partenza per rendere intelligente un edificio.
È prevedibile, dunque, che sarà la somma di tanti smart building a dare vita alle smart city. In questo senso, sarà un processo lento, diffuso, non controllabile o pianificabile dall’alto ma comunque continuativo. Infatti, è impensabile tornare indietro e costruire gli edifici di domani senza considerare i caratteri propri del 4.0.
Inoltre, se sarà l’iniziativa privata a riqualificare o costruire Building 4.0, ciò non significa che il pubblico non continuerà a giocare un ruolo di primo piano: ad esso saranno affidate la realizzazione e la gestione ottimale delle infrastrutture in grado di connettere gli edifici intelligenti, che da soli, sarebbero solo isole tecnologicamente avanzate. E dunque dare vita a “district”, a quartieri, dove anche le reti e i servizi di pubblica utilità saranno altrettanto smart.